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La paura della morte spiegata con la TMT


Valentina Ambrosio
La paura della morte spiegata con la TMT

Tutti noi abbiamo paura della morte, indubbio negarlo. L’unica cosa certa è che dobbiamo morire. Quante volte l’abbiamo ripetuto?

Nonostante si scherzi e si sdrammatizzi il pensiero della morte, nostra o altrui, è spesso misconosciuto, negato e non accettato.

Sebbene il nostro istinto di sopravvivenza ci ricordi continuamente questa realtà, la consapevolezza così alta – che è presente solo nella nostra specie – che ne deriva genera però terrore.

Pertanto occorre far fronte a tale angoscia, cercando un senso alla nostra esistenza.

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La teoria della gestione del terrore

Da tali concetti nasce la TMT – Theory of Management Terror, la teoria della gestione del terrore.

Secondo gli autori, molti gruppi di appartenenza politica e sociale, attività, legami e propensioni derivano dall’impellente bisogno di valorizzare la propria vita per difendersi dal terrore della morte.

In altre parole: ricerco un significato e una stabilità nel mio essere per contrastare l’incertezza e l’ansia generata dalla paura della morte.

La TMT agisce come un memento mori, cioè come un maxi striscione che ci ricorda la caducità delle cose e delle persone. Invita a godere del momento presente, spinge ad aderire ad una visione collettiva, a coltivare passioni e ideologie religiose, familiari, sociali.

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Il ricordo per superare la morte

Perché? Per dare una cornice di senso alla vita, e nel profondo, per conquistare un’idea di immortalità simbolica, attraverso la partecipazione ad una causa collettiva, al di sopra del destino del singolo.

Tanto più il gruppo appoggia questa visione, tanto più si consolida l’autostima e ci si sente protetti dalla paura della morte. L’ipotesi su cui si fonda questo concetto si rifà alla teoria della salienza della morte.

Più la morte è vissuta come prossimale, imminente e possibile, più le persone difendono i loro valori e le loro credenze per rafforzare il proprio sé e per consolidare l’idea di avere un ruolo significativo nel mondo. In sintesi prende corpo l’idea di lasciare il segno e di sconfiggere la morte.

Ovvero si sviluppa l’idea che nonostante la morte del corpo, il ricordo e l’identità rimarranno vividi nel tempo.

Da questa teoria – all’epoca in cui emerse molto contrastata – derivano alcuni costrutti tra loro collegati che tentano di spiegare i conflitti, i pregiudizi e molte altre dinamiche sociali.

Riassumendo, la TMT afferma che:

  • L’autostima si alimenta attraverso la condivisione di una prospettiva comune sul mondo. Essa funge da meccanismo di protezione e difesa dall’ansia esistenziale.
  • Pertanto ogni attacco a questi sistemi sarà contrastato attivamente.
  • L’obiettivo è mantenere un buon livello di benessere psicofisico e relegare nell’inconscio tutto ciò che è indicibile e impensabile.

Riappropriarsi della morte

Ma la morte fa parte della vita e non si può far finta di non vederla completamente, perché paradossalmente aumenta i sentimenti di paura da cui si rifugge.

Fin dall’antichità si è cercato di far fronte alla paura della fine ricercando simbologie e significati ultraterreni, e condividendo, attraverso la ritualità dei funerali, il dolore e l’appartenenza.

Attualmente, invece, la morte è tenuta lontana dalla mente e dal cuore, ed è vissuta come un evento lontano.

Occorre quindi, riappropriarsi di quest’unica certezza che ci accompagna, per poterla affrontare in modo sano, attraverso percorsi di death education al fine di elaborare quest’esperienza dolorosa che tocca, direttamente o indirettamente, ognuno di noi.

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