La paura della morte spiegata con la TMT
La paura della morte è presente in tutti noi, e da secoli l'uomo tenta di sconfiggerla. Attraverso la TMT cerchiamo di comprenderne le cause.
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La paura della morte è presente in tutti noi, e da secoli l'uomo tenta di sconfiggerla. Attraverso la TMT cerchiamo di comprenderne le cause.
Le dipendenze senza sostanza vengono denominate nuove dipendenze - o new addictions secondo la terminologia inglese.
La psicopatologia del legame affettivo oscilla tra la con-fusione e l'identità: vivere in simbiosi o diventare autonomo e responsabile?
L’uso consapevole dei sensi può conferire qualità alla nostra vita, risparmiandoci sensazioni spiacevoli: impariamo a conoscerli e riconoscerli meglio.
La nostra reputazione è legata a ciò che siamo e a come gestiamo le pubbliche interazioni, e ci influenza in base al valore che diamo al giudizio sociale.
Tutti noi abbiamo paura della morte, indubbio negarlo. L’unica cosa certa è che dobbiamo morire. Quante volte l’abbiamo ripetuto?
Nonostante si scherzi e si sdrammatizzi il pensiero della morte, nostra o altrui, è spesso misconosciuto, negato e non accettato.
Sebbene il nostro istinto di sopravvivenza ci ricordi continuamente questa realtà, la consapevolezza così alta – che è presente solo nella nostra specie – che ne deriva genera però terrore.
Pertanto occorre far fronte a tale angoscia, cercando un senso alla nostra esistenza.
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Da tali concetti nasce la TMT – Theory of Management Terror, la teoria della gestione del terrore.
Secondo gli autori, molti gruppi di appartenenza politica e sociale, attività, legami e propensioni derivano dall’impellente bisogno di valorizzare la propria vita per difendersi dal terrore della morte.
In altre parole: ricerco un significato e una stabilità nel mio essere per contrastare l’incertezza e l’ansia generata dalla paura della morte.
La TMT agisce come un memento mori, cioè come un maxi striscione che ci ricorda la caducità delle cose e delle persone. Invita a godere del momento presente, spinge ad aderire ad una visione collettiva, a coltivare passioni e ideologie religiose, familiari, sociali.
Perché? Per dare una cornice di senso alla vita, e nel profondo, per conquistare un’idea di immortalità simbolica, attraverso la partecipazione ad una causa collettiva, al di sopra del destino del singolo.
Tanto più il gruppo appoggia questa visione, tanto più si consolida l’autostima e ci si sente protetti dalla paura della morte. L’ipotesi su cui si fonda questo concetto si rifà alla teoria della salienza della morte.
Più la morte è vissuta come prossimale, imminente e possibile, più le persone difendono i loro valori e le loro credenze per rafforzare il proprio sé e per consolidare l’idea di avere un ruolo significativo nel mondo. In sintesi prende corpo l’idea di lasciare il segno e di sconfiggere la morte.
Ovvero si sviluppa l’idea che nonostante la morte del corpo, il ricordo e l’identità rimarranno vividi nel tempo.
Da questa teoria – all’epoca in cui emerse molto contrastata – derivano alcuni costrutti tra loro collegati che tentano di spiegare i conflitti, i pregiudizi e molte altre dinamiche sociali.
Riassumendo, la TMT afferma che:
Ma la morte fa parte della vita e non si può far finta di non vederla completamente, perché paradossalmente aumenta i sentimenti di paura da cui si rifugge.
Fin dall’antichità si è cercato di far fronte alla paura della fine ricercando simbologie e significati ultraterreni, e condividendo, attraverso la ritualità dei funerali, il dolore e l’appartenenza.
Attualmente, invece, la morte è tenuta lontana dalla mente e dal cuore, ed è vissuta come un evento lontano.
Occorre quindi, riappropriarsi di quest’unica certezza che ci accompagna, per poterla affrontare in modo sano, attraverso percorsi di death education al fine di elaborare quest’esperienza dolorosa che tocca, direttamente o indirettamente, ognuno di noi.