Museoterapia: contrastare la demenza con la bellezza
Tra i vari protocolli di training cognitivo per il trattamento delle demenze, tra le terapie non farmacologiche si sta diffondendo la museoterapia.
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La demenza è una tipologia di disturbo che colpisce il cervello, ha una base organica e danneggia le funzioni cognitive come la memoria, il linguaggio, l’orientamento e il ragionamento.
Nelle fasi più gravi fa perdere la capacità di relazionarsi e muoversi e può provocare alterazioni della personalità.
Questo insieme di sintomi interferisce notevolmente con le azioni e le abitudini quotidiane, inficiando l’autonomia di chi ne è colpito.
Ad oggi si classificano molti tipi di demenza in base alle diverse alterazioni cerebrali che le provocano; la più nota è la malattia di Alzheimer, caratterizzata da un declino cognitivo e fisico irreversibile, con comportamenti inappropriati e anomali.
La sua incidenza aumenta parallelamente alla crescita dell’età media della popolazione: è per questo che in Italia il fenomeno è in via di sviluppo, poiché la quota di popolazione anziana è tra le più elevate al mondo.
Ad oggi non vi è una cura per le patologie degenerative, pertanto è possibile agire solo sul rallentamento della sintomatologia con terapie farmacologiche, ma anche da un punto di vista neuropsicologico, attraverso trattamenti non farmacologici.
Il training cognitivo è sicuramente riconosciuto come un metodo efficace per migliorare il funzionamento cognitivo generale e incidere positivamente sulla qualità della vita delle persone con demenza.
Agisce, infatti, sul controllo e la riduzione dei sintomi comportamentali e psicologici.
Esistono numerosi protocolli di training cognitivo, più o meno strutturati, che si concentrano su diverse funzioni cognitive e che servono a preservare le funzioni intellettive residue, ma anche a elicitare sensazioni ed emozioni positive per meglio gestire gli aspetti più squisitamente psicologici.
Nell’ambito delle terapie non farmacologiche si sta affermando la museoterapia.
L’arte appartiene da sempre al genere umano. È per tutti, senza distinzione di ceto, livello culturale o economico. Stimola la creatività e l’espressione di sé.
La neuropsicologia spiega perché davanti ad un’opera d’arte si attivano una serie di meccanismi che trasformano il semplice guardare qualcosa, in un’esperienza percettiva ed emotiva che fa stare bene.
Durante l’osservazione di opere d’arte si attivano diversi luoghi di azione cerebrale; in particolare si attivano processi bottom-up – processi automatici legati all’esperienza emotiva – che permettono di riconoscere i diversi dettagli dell’opera e processi top-down – riguardano il pensiero razionale, consapevole e verbalizzabile – che invece permettono di riconoscere l’opera come una gestalt, cioè come un insieme unico, facendo emergere l’intera dinamica dell’esperienza di guardare uno stimolo e percepirlo come un’identità globale.
Osservare un’opera d’arte, dunque, non è passiva ricezione di stimoli, ma un intricato processo in cui ognuno partecipa alla creazione di significato di quell’opera, ne matura un’emozione e conserva in memoria tutta l’esperienza.
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Per i malati di demenza la museoterapia permette di mantenere un continuum tra le esperienze emotive e psichiche interne e il mondo esterno, preservare le funzioni cognitive residue tramite ripetute stimolazioni multisensoriali e ridurre il senso di isolamento che spesso accompagna questa sindrome, facendo sentire i pazienti ancora compartecipi di eventi e relazioni sociali significative.
Il primo modello di museoterapia per persone con demenza è stato proposto dal MoMA – Museum of Modern Art di New York.
I risultati sono stati immediati e sorprendenti e dal 2006 l’iniziativa è diventata parte integrante dell’offerta del museo.
Il museo diventa quindi un luogo terapeutico in cui si propone un breve percorso tra alcune opere d’arte, attraverso le quali si eseguono delle attività di stimolazione cognitiva.
Ciò permette di mantenere le abilità linguistiche e di astrazione, elaborare i contenuti interni in maniera creativa e positiva, controllare alcune manifestazioni comportamentali e conservare una qualità di vita soddisfacente.
Il museo è anche opportunità di incontro tra pazienti e caregivers: arte e memoria permettono di non spezzare il filo emotivo.
Persone con demenza e i loro familiari possono, insieme, creare nuovi modi di interagire, di comunicare, di vivere ancora delle esperienze gratificanti insieme.
Il museo offre loro la possibilità di restare integrati l’uno nella vita dell’altro.
Foto dell’articolo di Anna Mosca