La paura: amica o nemica?
La paura è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi, ci mette in guardia dai pericoli e ci spinge alla sopravvivenza.
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La paura è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi, ci mette in guardia dai pericoli e ci spinge alla sopravvivenza.
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La paura è una delle emozioni fondamentali degli esseri viventi, ci mette in guardia dai pericoli e ci spinge alla sopravvivenza. Di fronte a un pericolo il nostro corpo produce un ormone, l’adrenalina, che induce cambiamenti fisici e mentali e ci prepara all’azione.
Se facciamo un salto indietro ai tempi dei nostri antenati, riusciamo a capire come questa emozione li abbia protetti da animali selvaggi o da vicini ostili. Nelle società occidentali, gli stimoli che ci inducono paura non sono più le tigri o invasioni vicine, quanto piuttosto la perdita di un lavoro, un cambiamento di vita o il sommarsi dei problemi quotidiani.
I cambiamenti corporei – bocca secca, aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, tensione muscolare, ecc. – il pensiero e le reazioni comportamentali rimangono però le stesse dei nostri antenati.
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Le due principali reazioni dinanzi a uno stimolo pauroso sono attacco o fuga.
La prima ci consente di affrontare l’ostacolo, combatterlo. La seconda ci porta ad allontanarci dalla situazione prima che diventi eccessivamente minacciosa per la nostra sopravvivenza.
In caso di paura eccessiva le sensazioni corporee iniziano a diventare più fastidiose e la reazione psicologica a stimoli pericolosi porta a un cambiamento nel modo in cui noi pensiamo. Il nuovo pensiero diventa adattivo in quel contesto, perché ci prepara a far fronte alla minaccia.
Per esempio, quando siamo sotto particolari stress rivolgiamo più attenzioni al problema, ci concentriamo più a lungo e incrementiamo le nostre capacità di problem solving.
Contemporaneamente ci sentiamo più irritabili e tesi. La persona con un’eccessiva risposta di paura a numerose situazioni, inizia a focalizzarsi esclusivamente su ciò che teme, generalmente preoccupandosi che il problema non abbia soluzione o catastrofizzandolo.
Si sviluppa, con il tempo, un tipo di pensiero negativistico verso se stessi e il mondo circostante, percepito come fonte di minacce sempre possibili.
In questo modo lo stress rimane costantemente elevato, portando a un aumento del disagio e delle preoccupazioni. Questo fattore induce le persone a focalizzarsi sugli eventi negativi e insolubili piuttosto che su quelli positivi.
Le reazioni comportamentali alla paura consistono sostanzialmente nello scappare o nell’evitamento. Tuttavia, il sollievo che si ricava dall’evitare gli stimoli stressanti è solo temporaneo e incrementa il senso di sfiducia personale. In questo modo l’evento tanto temuto appare sempre più impossibile da fronteggiare.
Le fobie sono paure sproporzionate rispetto a qualcosa che non rappresenta un reale pericolo.
La persona percepisce questo stato d’ansia come non controllabile, anche mettendo in atto strategie comportamentali per fronteggiare la situazione. Questo meccanismo nel tempo diventa una vera e propria trappola.
Infatti, l’evitamento non fa altro che andare a confermare la pericolosità della situazione evitata e prepara all’evitamento successivo. Si crea così un circolo vizioso.
Da una parte porta a essere sfiduciati nelle proprie capacità e dall’altra compromette la qualità della propria vita quotidiana.
La fobia è diversa dal disgusto o dalla repulsione. Molti provano repulsione per ragni, scarafaggi e insetti vari e si mantengono lontani. Chi per esempio soffre invece di fobia per le farfalle, può uscire in maniera fulminea dalla sua macchina, senza considerare i pericoli di quest’azione, se per caso una farfalla entra dai finestrini. O spesso abita ai piani alti e controlla che le finestre siano ben chiuse in primavera.
Le fobie sono legate a esperienze di apprendimento errato, involontario nei confronti di qualcosa o di una situazione – ad esempio l’ascensore, l’altezza, un animale, ecc.
L’organismo associa automaticamente la pericolosità a un oggetto o situazione non pericolosa. Quest’associazione avviene per condizionamento classico. In altre parole si crea la relazione tra pensiero e oggetto grazie alla prima esposizione che si è verificata e che incute paura. Questa relazione è mantenuta nel tempo a causa dell’evitamento messo in atto per non provare quella terribile sensazione di forte ansia che ne consegue.
Se eliminassimo la paura, come descritto dai titoli di molti libri di self help, rischieremo la vita ogni giorno. Prendere atto della propria paura e affrontarla diventa spesso indispensabile.
È possibile riprendere il controllo delle nostre reazioni. Far fronte alle varie situazioni attraverso uno specifico trattamento che ha come scopo quello di ridurre l’ansia anticipatoria e i comportamenti di evitamento riguardanti stimoli specifici, come ad esempio gli animali.
Questo rende i soggetti in grado di raggiungere gli obiettivi di vita che si prefiggono senza essere bloccati da paure irrazionali.
Quando si può risalire alla fonte della fobia, la guarigione può passare dal tentativo di demolire la memoria negativa, esponendosi pian piano a ciò che intimorisce.
L’hanno dimostrato, ad esempio, alcuni ricercatori svedesi su Current Biology mettendo gradualmente di fronte a dei ragni un gruppo di volontari con aracnofobia.
L’esposizione controllata, dapprima per pochi minuti e poi per un tempo più lungo, sarebbe in grado di creare memorie sicure. L’attività di un’area specifica del cervello, l’amigdala, si riduce e con essa il vissuto negativo.