Danshari
Fare spazio e ordinare dentro e fuori di sé
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Fare spazio e ordinare dentro e fuori di sé
La sessualità umana si può ritrovare nei nostri gesti, nelle intenzioni. Pervade la nostra vita. Vediamo quali sono le sei dimensioni della sessualità.
Un contratto affettivo e sociale chiaro e condiviso dalla coppia
Gestire e comprendere l’emozione primaria della rabbia, che nasce in specifici momenti, è difficilissimo. Impariamo a conoscerla meglio.
L'estate è arrivata e in questo articolo trovi 10 consigli di lettura da gustare in queste lunghe e calde giornate. Buone vacanze!
Oltre a quello contenuto nella scatola cranica, nel nostro corpo abbiamo altri due cervelli: uno nell'intestino e uno nel cuore. Come funzionano?
Cosa fare se gli insegnanti o i genitori sospettano un DSA? Serve una diagnosi o una certificazione? E cosa fa la scuola per l'alunno con DSA?
La depressione di uno o entrambi i genitori può provocare stress e disturbi cognitivi nei bambini, ma anche difficoltà relazionali e nell'esprimere le emozioni.
La nostra reputazione è legata a ciò che siamo e a come gestiamo le pubbliche interazioni, e ci influenza in base al valore che diamo al giudizio sociale.
Le emozioni, sia positive che negative, sono tutte importanti ed utili per l’essere umano e intervengono a rendere dinamica la nostra vita.
Può sembrare assurdo, ma se si sposano le indicazioni proposte dal danshari si raggiungerà un maggior livello di benessere e di leggerezza.
Danshari è una parola giapponese composta da tre ideogrammi:
Il messaggio racchiuso in tale principio spinge a liberarsi dell’eccesso e consente di scegliere con attenzione cosa realmente si desidera, di buttare via, di fare spazio prima fisico e poi mentale, di ordinare la propria vita.
Sebbene nasca come una teoria minimalista che orienta al riordino e all’eliminazione del superfluo, in poco tempo i principi del danshari – che attingono dallo yoga e dallo shintoismo – sono diventati una filosofia di vita.
Così mentre si metterà a posto la libreria o la cantina, si imparerà ad applicare la regola del fare ordine e a staccarsi ad altri ambiti della propria vita – lavoro, partner, amici, parenti, ecc.
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Con coraggio, apri i cassetti, sali sugli scaffali più alti e polverosi, scendi in cantina o nel garage, immergiti negli anfratti di casa tua e inizia ad osservare con occhio critico e distaccato tutti gli abiti, i soprammobili, i libri, e gli innumerevoli piccoli e grandi oggetti che hai conservato perché un giorno potrei rimettere o usare.
Danshari inneggia al minimalismo, ma non rinnega l’amore per oggetti o cose. Insegna, piuttosto, a sviluppare un attaccamento materiale più sano e meno morboso.
Significa, nel pratico, separarsi nel quotidiano da ciò che è passato, che non ha più senso di esistere, che ha cessato la sua funzione.
Così con dolore si butta via la tazzina sbeccata con cui puntualmente ci facevamo male o i bavaglini logori del nostro bimbo a cui siamo teneramente legati.
Con amarezza si regala la cornice barocca ricevuta in eredità dalla vecchia prozia per il matrimonio – ma che non abbiamo lo spazio e la voglia di esibire in casa – o quei pantaloni che ci ricordano quando e quanto eravamo magre 20 anni fa.
Danshari invita a concentrarsi su sé stessi, nel presente, a focalizzarsi sui propri desideri e bisogni attuali.
Più aumentano i comfort, e si ingrandiscono a volte, più diminuisce il tempo e la cura che si può dedicare alla propria vita.
A tal proposito, Hideko Yamashita, ideatrice del metodo ed esperta di disordine, ritiene che il danshari sia un ottimo antidoto alle manie del nostro millennio: lo spreco, il consumo eccessivo risorse, l’accumulo compulsivo di oggetti e beni materiali.
Allo stesso modo, si può ampliare la filosofia del danshari del fare spazio ed ordinare anche al mondo relazionale e sentimentale. Lasciar andare un amore significa prendere consapevolezza di aver donato e ricevuto, ma al contempo, accettare che si è esaurito.
Le relazioni si concludono e si chiudono, a volte in maniera naturale a volte più intensa, e quasi sempre portano una scia di sofferenza dietro di loro.
Tuttavia è inutile illudersi di poterle conservare e preservare, di poterle riparare dagli acciacchi del tempo, dalle incomprensioni, dagli eventi della vita.
Non è giusto aggrapparsi e portarle avanti per inerzia solo perché ci si è abituati, perché si ha paura del cambiamento, perché rappresentano una comfort zone, perché, fondamentalmente, è troppo doloroso doversi separare da ciò che l’altra persona rappresenta.
Per gustare appieno la vita bisogna abbracciare anche la morte, intesa come la fine di un percorso, di un ciclo, di un tempo e un luogo, di un obiettivo o di un legame. Così come con gli oggetti, succede anche alle relazioni interpersonali.
Ordinare e successivamente buttare via ciò che ci appesantisce può far spazio al nuovo e ampliare la visuale, permetterci di vedere, provare e fare esperienza di nuove piccole e grandi realtà.