La comunicazione nel processo di cura
Una relazione medico paziente empatica non solo rende meno gravosa la malattia, ma rappresenta una vera forma ausiliaria di cura.
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Una relazione medico paziente empatica non solo rende meno gravosa la malattia, ma rappresenta una vera forma ausiliaria di cura.
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Il lungo percorso che ha portato negli ultimi anni un cambiamento nell’assistenza fornita ai malati nel nostro paese, pone alle figure professionali impegnate nei vari settori non pochi problemi di gestione e competenza.
Medici e infermieri sono più spesso chiamati a fornire un contributo e a partecipare in prima persona al processo di cura del paziente.
Nel quotidiano il personale sanitario è coinvolto sempre più attivamente sia nel rapporto con il paziente sia nel lavoro d’équipe.
Questo si verifica con richiesta di notizie, d’informazioni, di osservazioni, d’ipotesi d’intervento sulla base della propria esperienza e della propria formazione.
Qualificare il proprio contributo rappresenta un modo per accrescere e affinare la propria professionalità, prestando attenzione agli aspetti pratici del proprio lavoro ma soprattutto alla componente relazionale, negli ultimi anni rimasta maggiormente in ombra.
La qualificazione professionale ha come obiettivo la crescita di consapevolezza in merito alla propria professione, favorendo il delinearsi di un quadro sempre più preciso delle risorse a disposizione, dei limiti da rispettare, dello spazio d’intervento entro cui ci si può muovere con tranquillità, tenuto conto del contesto in cui si opera e anche delle proprie caratteristiche personali.
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Il paziente giunge in reparto carico di bisogni, come ad esempio quello di recuperare un senso di sicurezza personale.
La figura istituzionale che maggiormente può fornire un efficace contributo rispetto a tali bisogni è proprio l’infermiere.
In reparto, è in genere il primo ad accogliere il paziente, ad assegnargli un posto dove stare, a fornire le informazioni riguardanti l’ambiente. È la persona con cui il soggetto interagisce di più, a cui rivolge, di solito, buona parte delle richieste.
Gli altri pazienti spesso non sono interlocutori desiderati proprio perché portatori di ulteriore sofferenza, essendo immersi nei loro problemi.
L’infermiere ha la possibilità di diventare un ausilio – Io ausiliario – per il paziente, tanto più prezioso quanto più in grado di colmare le carenze attuali del soggetto.
Un’atmosfera di ascolto è la condizione necessaria per dare informazioni significative; è importante essere interessati e prendere in considerazione il punto di vista dei pazienti e dei familiari anche quando non coincide con quello del medico o appare addirittura incongruo.
È necessario fare domande, chiedere, interagire attorno a ciò che viene raccontato, mostrando interesse e partecipazione.
Questa tipologia di ascolto ha la principale funzione di stabilire un rapporto di fiducia con la famiglia e il soggetto stesso. Quest’ultimo, data la sua particolare condizione, ha bisogno di conferme e rimandi positivi.
Una relazione medico paziente empatica non solo rende meno gravosa la malattia, ma rappresenta una vera forma ausiliaria di cura. Permette di modificare il funzionamento di complesse reti neuronali attraverso le quali il cervello governa processi decisionali e comportamentali.
Quando qualcuno ha, infatti, un periodo molto difficile, tende a concentrarsi solo su ciò che non va e non si accorge degli aspetti positivi sia di sé stesso sia degli altri.
È quindi opportuno che il personale sanitario valorizzi esplicitamente ciò che il paziente fa o riceve dagli altri e inviti il soggetto a fare altrettanto.
Spostare l’attenzione del paziente sugli aspetti positivi riscontrabili nella quotidianità ha l’effetto di aumentare la fiducia nelle proprie risorse interne ed esterne.
Spesso i pazienti, sfiduciati nella propria possibilità di ottenere ciò che desiderano, fanno richieste in modo minaccioso, prepotente o disperato; un compito molto importante del professionista è quello di insegnare loro a riformulare le richieste in modo fermo e gentile, riuscendo comunque, anche nel caso che la richiesta fosse rifiutata a salvare un’atmosfera amichevole.
Tutto questo rinsalda il legame di fiducia con il paziente e stabilisce una relazione di collaborazione.
Chiunque si rivolga al medico desidera di essere trattato secondo principi di provata efficacia. Ha bisogno di comprensione emotiva, attenzione e riconoscimento della propria individualità, elementi che contribuiscono al successo della cura.
È quanto emerge dalla ricerca realizzata nel 2019 nell’ambito del Progetto Fiore dalla Fondazione Onlus Giancarlo Quarta di Milano con l’Università di Udine attraverso l’utilizzo di una metodica di neuroimaging basata sulla risonanza magnetica funzionale.
La ricerca ha coinvolto trenta volontari sani a cui sono stati mostrati due tipi di vignette: il primo con situazioni di relazioni interpersonali in cui emergono la disponibilità a fornire aiuto concreto, motivazione e speranza; il secondo con situazioni nelle quali erano espressi apprezzamenti per le azioni svolte.
Si è potuto osservare che le condizioni d’influenzamento attivano aree cerebrali deputate a processare stimoli visivi e sociali – il giro temporale superiore-posteriore e il solco temporale superiore-posteriore – mentre le condizioni di valorizzazione interessano la corteccia visiva, coinvolta nei fenomeni di gratificazione, interpretazione dei comportamenti delle altre persone e l’empatia.
Lo studio dimostra che diverse modalità di rapporto attivano differenti circuiti cerebrali. Un passo importante per capire quanto l’empatia possa influenzare il successo di un trattamento.